Chiesa di San Benedetto

Probabilmente a seguito dei disastrosi terremoti che, a più riprese, sconvolsero la città di Brindisi (nel 1456 un forte terremoto colpisce tutto il Regno di Napoli e in particolare la città di Brindisi subisce grossi danni e numerosi morti, tanto che rimase quasi disabitata ndr) e che dovevano aver indebolito la costruzione, furono, all’esterno, sopraelevate le pareti della chiesa costruendo sulla linea di gronda un muro che occulta il tetto a spioventi. Venne inoltre realizzato un vasto ambiente, destinato a coro (attuale ufficio del Parroco ndr), a ridosso della facciata occidentale, demolendo l’ingresso principale e lasciando il ruolo di accesso principale al portale sud.


La zona inferiore dell’edificio presenta, lungo la parete meridionale e quella orientale, una serie di arcate cieche che poggiano su pilastri; l’archivolto (parte superiore di un arco, porta o finestra ndr) è a inserti bicolori; al centro di ogni arcata si aprono delle piccole monofore (finestra sormontata da arco con una sola apertura ndr) che riprendono nella cornice il motivo della bicromia.

Vecchie cartoline

Facciata principale

Il complesso monastico, di cui restano la chiesa, il campanile e il chiostro, fu eretto sui resti della chiesa di S. Maria Veterana, tra la fine dell’XI ed i primi del XII secolo,  sotto l’egida dei feudatari normanni.

Il 1097, il 1107 ed anni successivi, furono registrati gli atti di donazione della chiesa stessa, del feudo di Vallarano e Tuturano, da parte del conte Goffredo di Conversano (e della sua consorte Sichelgaita), signore di Brindisi, in favore del Monastero delle Benedettine brindisine (K. Di Rocco, Il monastero benedettino di Brindisi alla luce di un manoscritto ritrovato).

Chiesa di San Benedetto – Facciata Est e campanile

Parte inferiore della facciata principale (lato Sud) ad archi ciechi con monofore, bicolore

Particolare della facciata principale, gocciolatoio con figura di fantasia

L’alto e stretto portale si rinserra in una delle arcate che scandiscono la parete meridionale della chiesa; marmoreo, è profilato da una fascia continua lavorata a fitti intrecci viminei a tre capi, di matrice bizantina, all’interno della quale si inseriscono piccoli animali è di ottima fattura.

Portale meridionale

Nuova porta della chiesa di S. Benedetto

Arco a intrecci viminei con inserto di piccoli animali

Sezione dell’arco

Particolare del portale

Particolare della fascia a intrecci viminei con inserto di piccoli animali

Figura di drago

Ma l’attenzione di chi guarda è presto attratta dal superbo architrave; ombreggiate da una cornice di classiche, rigide foglie di acanto dal forte aggetto, tre scene di caccia si susseguono, raffigurate a bassissimo rilievo, spartite da sottili fuseruole. Datato tra la fine dell’XI secolo e i primi del successivo, ne è stata riconosciuta l’origine orientale, sassanide, dell’iconografia: tre cacciatori armati di lancia trafiggono un drago, nel riquadro centrale, ed un leone, in quelli laterali.

 

Architrave con tre scene di caccia, simbolo della lotta del Bene contro il Male. Riporta: uomini vestiti con tuniche e larghi pantaloni (di foggia longobarda?) che trafiggono leoni e un drago alato

 

 

 

Il leone, altrove terrifico custode o figura del Cristo risorto, qui è, al pari del drago, il nemico da combattere

 

La lotta degli uomini è correlata alla vittoria del Signore sul drago metafora del demonio

 

Un guerriero trafigge il leone

Sul portale lo stemma dell’arcivescovo Antonino Sersale, che realizzò tanti lavori di restauro, non solo nella chiesa di San Benedetto. L’originario portone, finemente scolpito, fu sostituito al tempo dei restauri degli anni ’50 con l’attuale anonimo portone e mai ritrovato.

Parte superiore del Portale

Stemma dell’arcivescovo Antonino Sersale

Le absidi sono contenute da una parete orientale su cui prosegue la serie degli archi.

Facciata Est

Di fianco sorge il campanile, esempio unico in Puglia di campanile di stile lombardo, di datazione incerta e forma quadrata.

Il campanile, esempio unico in Puglia di campanile di stile lombardo

Negli archetti e lesene della muratura, nelle bifore e trifore della cella campanaria e nei soprastanti archetti pensili si ritrova la bicromia già notata nel lato Sud.

Particolare del Campanile

Gli stemmi

Stemma in pietra apposto sull’ex Convento di San Benedetto, già sede della Polizia Stradale del capoluogo, in Via Guglielmo Marconi,  ormai dismesso. L’arma araldica è stata oggetto di riproduzione tramite disegno, da parte di Giovanni Leanza.

Nella scheda di commento a cura di Giuseppe Maddalena Capiferro si rileva:

“Stemma di commendatore o priore di istituzione ecclesiastica? Riprodotto con elementi errati o omessi dall’autore della Miscellania.

La croce è in realtà una stella a otto raggi; il leone è coronato e reca tra le branche un giglio ed un ramo frondoso.

L’errore del Leanza potrebbe essere condotto  ad una esecuzione realizzata in età senile dello stesso e, pertanto, non sostenuta dalla necessaria acuità visiva che l’impresa araldica, posta a discreta altezza dal suolo, richiede per la sua lettura.”

 

Disegno dell’ex Convento di San Benedetto, di Giovanni Leanza

 

G. Leanza infatti così lo descrive:

“Stemma ricavato da quello posto sopra il portone dell’ex Convento di S. Benedetto in Brindisi fatto in pietra. La forma dello stemma è ellittica, guarnito da cartocci di intaglio antichissimo. Il detto stemma rappresenta un leone all’impiedi con coda alzata voltato alla parte destra, e con le branche d’avanti tiene un rostro che si è attaccato l’ordine de’ commendatori, e con la zampa sinistra appoggiata in terra. Appartenente forse al fondatore del Convento. N° 48 delle vignette” (Miscellania p. 140).

Arma araldica posta sull’ex Convento di San Benedetto

Ex Convento di S. Benedetto oggi ex Caserma abbandonata

 

Stemma familiare dell’arcivescovo Antonino Sersale (1743-1750) apposto sopra al portale della chiesa di S. Benedetto

Particolare della facciata con lo stemma familiare dell’arcivescovo A. Sersale

Stemma familiare dell’arcivescovo Antonino Sersale (1743-1750) apposto sopra al portale della chiesa di S. Benedetto

 

Sulla facciata dell’ex Convento di San Benedetto, troviamo l’arco del parlatorio. Esemplare lapideo dell’Ordine dei Benedettini.

E’ ancora il Dr. Maddalena a commentare:

“Si presenta oggi frammentato e potrebbe corrispondere a quello descritto dal Leanza: Altro stemma ricavato da uno fatto in pietra posto nell’entrata del parlatorio dell’ex Convento di S. Benedetto. La forma dello stemma è quasi ovale guarnito da due angioli che con una mano sostengono lo stemma e con l’altra una corona e questi due angioli stanno appoggiati sopra un mascherone che sta posto sotto al detto stemma. Lo stemma rappresenta una croce a due traverse piantata sopra un piedistallo. Nella croce vi è attaccato lo squadro e nelle parti laterali ossia a destra della croce rappresenta un cerchietto e dall’altra ossia a sinistra una piccola croce. N. 49 delle vignette (miscellania pp. 141-142). Gli ultimi due particolari mancano nel disegno dello stemma. Riproduzione grafica incompleta o variante dello stemma descritto da Leanza?”

Stemma in pietra dell’Ordine dei Benedettini in un disegno di G. Leanza

Originale dello stemma in pietra dell’Ordine dei Benedettini

Arco del parlatorio, sulla facciata dell’ex Convento

Gli interni

La chiesa e il convento di San Benedetto si trovavano, in età medievale, in posizione periferica, sebbene collocati lungo il più importante asse viario della città.

Non si dispone di notizie certe circa la data di fondazione della chiesa, originariamente dedicata a S. Maria Veterana. Il documento più antico pervenutoci è l’atto di donazione del 1097 al monastero da parte del feudatario normanno Goffredo, conte di Conversano e signore di Brindisi, che assieme alla moglie Sichelgaita fu munifico protettore del convento delle “monache nere”.

All’interno la chiesa a sala,  è divisa in tre navate da colonne: la centrale è coperta con crociere cupolate dai massicci costoloni, le laterali da semibotti che si impostano alla stessa altezza della volta centrale, contrastandone la spinta, tutte sormontate da preziosi capitelli.

Di questi ultimi, cinque sono di tipo corinzio ed uno, quello posto sulla prima colonna di sinistra, rappresenta buoi, leoni ed arieti a teste unite riproponendo forme comuni anche della cultura preromanica.

L’organico insieme delle volte, delle crociere e degli archi trasversi, un unicum nel panorama architettonico della regione, sostituisce ad una radicata tipologia pugliese, qual è quella del sistema a cupole in asse, più dinamiche soluzioni già adottate, nell’XI secolo, in Lombardia e nel Nord Europa.

Nella chiesa, oltre qualche modesto brano di tarda e piacevole decorazione floreale, è la parete destra ad offrire una accattivante reliquia duecentesca, più tardi coperta da una, ormai mutila anch’essa, cornice squadrata, ad ovoli e fitto serto di lauro:

 la testa aureolata e gentilmente flessa di una Madonna con Bambino, del quale non resta che la traccia della piccola aureola, perlinata al pari di quella materna; il maphorion marrone, sotto il quale traspare il velo chiaro che copre i capelli della Vergine, incornicia un volto i cui tratti – naso leggermente aquilino, grandi occhi dal dolce taglio a mandorla, piccola bocca sul mento rotondo – rimandano alle numerose Madonne pugliesi, su muro e su tavola, familiarmente tributarie di un generale clima apulo-mediterraneo, di segno cipriota-palestinese.

Presso la zona presbiterale, una nicchia a fondo piano e sagoma cuspidata, presenta  una Crocifissione ed un’Annunciazione, le quali, al di là dell’espressionistica semplicità popolaresca delle figurazioni, rammentano con
succinta efficacia i momenti fondamentali della storia della Salvezza, l’incarnazione e la morte del Cristo.

In certo senso fuori contesto, per la demolizione degli altari di riferimento, sono l’Assunzione della Vergine, tela dai “caratteri tardo-manieristici ed una cultura di fondo sostanzialmente veneta, che traspare sia dalla cromia dell’opera che dalla gestualità di alcuni personaggi, in cui si colgono echi di Palma il Giovane (1544- 1628),

Del 1570 è l’Adorazione dei pastori, nella chiesa brindisina di S. Benedetto, che reca l’iscrizione “Nobbilis Jacobus de Vanis de Brundisio pinxit 1570”.(http://www.treccani.it/enciclopedia/iacopo-de-vanis_(Dizionario-Biografico)/)

la Madonna della Neve di Stefano Putignano, una statua in pietra locale policromata di colore rosso con racemi d’oro per la tunica; blu, con decorazioni anch’esse dorate, per il manto listato da una fascia di gallone con decoro a rilievo, rappresenta la Vergine in piedi con il Bambino sulla sinistra. Aveva collocazione sul secentesco, e ora non più esistente, altar maggiore di San Benedetto fra le altre due statue, a mezzo busto, con teca-reliquiario nel petto, rappresentanti Santa Maria Egiziaca e Santa Maria Maddalena.

La Vergine è raffigurata in piedi, nell’atto di sorreggere con entrambe le braccia il Bimbo, fasciato intorno al corpo, con la destra alla borchia che chiude il manto sopra la veste, alla ricerca del seno. La sinistra è alla labbra con l’indice che succhia avidamente, quasi sostitutivo del seno. L’umanità del Cristo è resa con atteggiamento che libera il Bambino da pesanti vesti, rigida compostezza e precoce anzianità.
..si tratta di una Madonna allattante rappresentata nel momento in cui il Bimbo affamato si appresta a suggere il latte dal seno

il simulacro di San Benedetto da Norcia, incunabolo della cartapesta salentina per essere esso opera settecentesca. Tale datazione si giustifica, rileva Margherita Pasquale, per “la maestosità dell’impianto, l’espressività del volto improntato a severa solennità, il fluido ed ampio panneggio, insieme al prezioso particolare degli occhi realizzati in vetro”.

I gruppi statuari, pure in cartapesta, di Sant’Anna con Maria Bambina

e di San Giuseppe col Bambino Gesù

“accomunati dall’intima partecipazione emotiva dei protagonisti, dall’espressivo ed intenso individualismo fisionomico, dalla eleganza ed armonia compositiva dei gesti e dei panni”, seguendo Margherita Pasquale, rimandano “ad una bottega ottocentesca di qualità, come fu quella di Antonio Maccagnani ( Lecce 1807-1892) – grande modellatore che seppe elevare la cartapesta a dignità artistica, prendendo le distanze dalla trita figurazione devozionale” anche per le analogie con alcune opere “assegnate all’artista quali i gruppi raffiguranti Sant’Anna con la Vergine Bambina e la Visitazione nella chiesa di Sant’Anna a Lecce”.

Ancora in cartapesta sono la Santa Rita, realizzata il 1925 dalla ditta Bellé – Romano, composta da allievi del Guacci, di Lecce e la Santa Rosa da Viterbo che Salvatore Sacquegna (1877-1955), qui dichiarandosi fornitore pontificio, produsse dopo il 1922.

All’interno della chiesa si possono vedere le altre opere:

La nicchia della custodia arricchita dall’icona della Trinità collocata nell’aprile 2007, interamente dipinta a mano dall’artista brindisino Antonio De Benedictis

Le antiche vetrate

Cartagloria in argento di Antonio de Rosa 1733,

IL GRANDE PRESEPE NAPOLETANOMaestro A. Greco. Alla III “Rassegna Internazionale del presepe nell’arte e nella tradizione”, del 1998-9. Il maestro Antonio Greco di Castellamare di Stabia presentò un presepe ispirato al ‘700 napoletano, di grandi dimensioni, poi ulteriormente ampliato sino a essere oggi lungo cinque metri e profondo tre.

Altare in pietra – particolare

Altare in pietra – particolare

Antica custodia usata per l’altare della reposizione inizio secolo XX

Mosaico

Immagine dell’interno della Chiesa di S. Benedetto

Il Crocifisso sospeso

 

 Il chiostro

“Addossato al fianco Nord della chiesa di San Benedetto si trova il Chiostro (al quale si accede attraverso una porticina che si apre a sinistra del portale) dell’XI secolo, più volte manomesso nel tempo, anche per esigenze della comunità monastica.

Esso è cinto da un passaggio porticato a finestre, divise da colonnine di marmo greco sfaccettate e capitelli a stampella. Alcuni di essi presentano motivi zoomorfi (animali addossati o incrociati: leoni alati, arieti, buoi), altri hanno motivi palmiformi.

Le volte del portico sono a botte o a crociera; il pavimento fu lastricato durante i restauri.” (1)

Sulla parete del corridoio che fiancheggia la navata, “a spia di una decorazione originariamente ben più estesa, restano, insieme ad una più recente ghiera d’arco, trattata a tempera con semplici motivi a volute,

alcune tracce d’affresco databili al XIII secolo, le cui condizioni di degrado si presentavano aggravate dalla collocazione all’aperto… ; restaurate malgrado  lo stato estremamente lacunoso, esse permettono alcune osservazioni.

Accanto all’immagine olosoma (a) e acefala di un santo monaco, con indosso saio e cappuccio recante, nella mano destra, un rotolo chiuso,

si staglia…un’inconsueta Annunciazione, laddove la Vergine,colta dall’annuncio recatole da un piccolo angelo sulla destra, è insolitamente intenta al lavoro di cucito, l’ago elegantemente trattenuto dalle dita sottili, anzichè, come più spesso avviene, a filare…

La figura aureolata ma senza volto, è ammantata di bruno, il tessuto è trapunto di perlinatura a quattro elementi, un velo turchino le avvolge il capo e il collo, ricadendo sulle spalle;

lo stesso personaggio femminile, con lunga veste turchina e manto bruno,  (che) ricorre nelle tre piccole scene superstiti…farebbe supporre l’unica scena con cautela identificabile con l’Apparizione della Vergine a Sant’Antonio Abate.”  (2)

Altri oggetti di rilevante importanza presenti nell’ambulacro del Chiostro:

Resti di origine romana

Crocifisso
Statuetta acefala
Iscrizione latina su lapide
Iscrizione latina su lapide
Piccola scultura di Madonna con bambino
Finestra bifora

Nostro intervento Facebook del 2 dicembre 2019

Madonna della neve. Brindisi, S. Benedetto. Anonimo scultore pugliese
La pagina 280 del libro di G. Candilera “Parliamo di Brindisi con le cartoline” ci riserva delle sorprese. La foto è datata 1915 e sembra essere l’unica documentazione visiva di qell’altare che, nel 1900 fu demolito ma, per lo stile che lo caratterizza, lo studioso R. Jurlaro data al periodo tra il XVI e il XVII secolo.
Diciamo prima due parole a proposito del chiostro della chiesa di S. Benedetto: a noi sembra di vedere che la quarta e quinta arcatella a partire da destra, forse per problemi di staticità che hanno accompagnato tutta la struttura sin dal 1456, anno in cui la città di Brindisi e tutto il Regno di Napoli furono colpiti da un disastroso terremoto, risultano nella cartolina completamente occluse da un muro di tampognatura. Nella nostra foto attuale i muri sono scomparsi per fortuna anche se nella quinta solo parzialmente, e solo un rinforzo in cemento appare ancora visibile sul pilastro ad angolo.
Tornando all’antico altare, la Madonna della Neve viene rappresentata in piedi con il Bambino sulla sinistra ed è una statua in pietra locale policroma ora posta nella sacrestia della chiesa.
In una relazione del 1876 il parroco Antonio Fornaro ci dice che la statua della Madonna della Neve stava sopra l’altare dedicato alla stessa Vergine e ai lati vi erano altre due statue, a mezzo busto in pietra, con teche nel petto per le reliquie. Esse raffiguravano Santa Maria Maddalena e Santa Maria Egiziaca e non se ne conosce la sorte. Non vi è purtroppo alcun riferimento all’autore dell’opera.
Per lo Jurlaro il busto poteva sembrare copiato dalla statua acefala di Clodia Antianilla, se quest’ultima non si sapesse per certo che fu scoperta nel 1909. Però “le braccia, con le mani e la testa della Madonna, oltre s’intende il Bambino, se non d’altro autore sembrano appartenere ad altra cultura. La testa è sproporzionatamente piccola e malamente attaccata; il panneggio della manica del braccio destro è troppo tormentato rispetto alle tranquille curve del manto che cade lungo il fianco destro e che non senza una certa forzatura da imatio diventa mantello e, in maniera poco logica, si trova avvolto all’avambraccio sinistro sotto il Bambino”.
Sempre secondo Jurlaro la statua fu recuperata dalla distrutta o abbandonata chiesa di Santa Maria della Neve, che non era più funzionante dalla metà almeno del sec. XV.
Da parte nostra aggiungiamo che, a poche decine di metri di distanza da via S. Benedetto, nella strada che prende il suo nome, si trova proprio una piccola edicola votiva dedicata alla Madonna della Neve, posta probabilmente a ricordare l’antica chiesa.
Qui il nostro articolo Edicole cristiane a Brindisi – http://wp.me/p8GemW-1F1

Bibliografia:

Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consente l’esatta attribuzione.

1 – Vittoria R. Petrosillo – Guida di Brindisi ed. Congedo editore Galatina (Le) per c/ Finiguerra Arti Grafiche – Lavello (Pz) 1993

2 – Margherita Pasquale – Note sull’apparato decorativo delle chiese brindisine di San Giovanni al Sepolcro e San Benedetto

Soroptimist International d’Italia – Club di Brindisi. Araldica della città di Brindisi nelle memorie di G. Leanza. A cura di Giuseppe Maddalena Capiferro.

Siti web:

http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Puglia/SanBenedettoaBrindisi.html

http://www.ilportaledelsud.org/san_benedetto_brindisi.htm

http://www.chiesasanbenedetto.it/public/index.asp

Note:

a – intera

 

3 commenti

  1. Grazie del servizio fotografico, e delle particolarità sui recenti restauri.

  2. […] siete a Brindisi, vi suggerisco di visitare la chiesa di San Benedetto (magari non di notte, non vorrei faceste strani […]

    1. Grazie, ho trovato anche questa storia molto interessante, come quella del “Cavaliere e della Principessa”

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